IWA Italy - International Web Association Italia


Diego La Monica , 13/11/2020 12:00

Il 6 Ottobre 2020, Diego La Monica ha tenuto un webinar dal titolo "PWA per la vendita di beni digitali e non solo" nell'ambito dell'iniziativa "20 e-venti per il rilancio del digitale" organizzata in occasione del ventennale di IWA Italy.

Il webinar si è suddiviso in 8 argomenti chiave:

  1. Mercato di riferimento
  2. Gli store
  3. La tecnologia
  4. I vincoli
  5. Alcuni casi importanti in violazione con le regole degli store
  6. Scelta tra App e PWA
  7. Vendita di beni attraverso le App
  8. Previsioni sul futuro

Prima di affrontare i punti chiave cerchiamo di fornire una definizione di PWA.

Il termine è un acronimo che sta per Progressive Web App. Per spiegarlo in parole semplici, una PWA è una WebApp, quindi sviluppata con i tipici linguaggi del Web (HTML5, CSS3 e JavaScript) che implementa specifiche funzionalità e che quindi la rendono "installabile" sul proprio smartphone quasi come fosse un'app nativa. Essa è in grado di svolgere la maggior parte delle operazioni svolte dalle più comuni app. Basta pensare a Twitter Lite o al The Washington Post che grazie all'aver realizzato una PWA hanno incrementato l'utilizzo e "l'engagement" dei loro utenti.

Mercato di riferimento

Questo webinar trova le sue prime basi nel 1962, precisamente il 26 giugno 1962, quando un giornale siciliano pubblica a caratteri cubitali la notizia "Nel 2000 i telefoni faranno tutto loro". Affermazione basata sulle tecnologie all'epoca esistenti, in fase di evoluzione e prototipizzate/concettualizzate. In effetti i ricercatori americani a cui è attribuita la dichiarazione hanno colpito quasi nel centro il bersaglio. Infatti nel 2000 viene lanciato il primo smartphone (Ericsson R380) con Symbian. Ma ad osservare attentamente le evoluzioni tecnologiche il primo smartphone fu prodotto da IBM nel 1992 (Simon).

Il 2000 quindi è un anno che ha cambiato radicalmente il mercato dei dispositivi mobili, ma non ancora le abitudini delle persone.

La trasformazione nelle abitudini di utilizzo delle persone inizia nel 2007, mostrando i primi risultati nel 2009, quando una esigua percentuale di persone (circa l'1%) usavano il proprio dispositivo mobile per collegarsi alla rete internet.

Nel 2007 infatti viene lanciato il primo iPhone, nel 2008 ci sarà l'iPone 3G. Nello stesso anno viene lanciata anche la prima versione di Android. Entrambi i sistemi cambiano drasticamente il concetto di smartphone, integrando le funzionalità dei PDA e dei precedenti cellulari. Di fatto consentono di avere nel dispositivo di una mano un minicomputer, ancora dalle capacità limitate ma delineano un cambiamento epocale.

Dal 2009 c'è una costante crescita dei dati nell'uso dello smartphone per l'accesso ad internet, fino al superamento nel 2016 del 51% di utenti che utilizzano lo smartphone per la navigazione in rete contro uno scarso 49% della navigazione da dispositivi desktop.

Com'è possibile che ciò sia avvenuto è da leggere nella lungimiranza di alcuni vendor (Apple, Google e Microsoft) che hanno saputo ascoltare i bisogni degli utilizzatori... O forse hanno in realtà indotto il bisogno di disporre di uno smartphone in quanto "status-symbol"? L'una o l'altra ipotesi non fanno differenza, la certezza è che quel dato sarebbe continuato a crescere.

Appunto, il risultato dell'analisi ISTAT del 2019 nel quale evidenzia come 9 italiani su 10 utilizzino uno smartphone per la navigazione internet (parliamo del 90%!!!).

Vista l'importanza che hanno assunto gli smartphone nel nostro mondo (non solo digitale), è importante comprendere come raggiungere gli utenti, nostri potenziali clienti in un mondo digitale, per la vendita di beni digitali e servizi attraverso il mezzo a loro più vicino: lo smartphone.

 Gli store

Cosa ha determinato un così grande successo degli smartphone? La risposta breve è riportata nel titolo: gli store. 

Apple al lancio di iPhone, contava ben 500 applicazioni scaricabili dal proprio iTunes Store che da qualche anno ha preso il nome di AppStore.

Google, al lancio di Android, disponeva invece di circa 1000 applicazioni scariacbili sul proprio smartphone attraverso lo store Android Market, diventato in un secondo momento Play Store.

Ad oggi si contano rispettivamente più di 2 milioni e più di 3,5 milioni di applicazioni disponibili al download.

La tecnologia

È noto per gli addetti ai lavori (colui che è identificato dal profilo di competenza professionale mobile application developer) che ciascun sistema operativo ha il suo specifico linguaggio di programmazione adatto alla realizzazione di app per dispositivi mobili. 

Per realizzare un'app per iOS (il sistema operativo di Apple per i suoi iPod, iPhone e iPad) è necessario programmare la soluzione con ObjectiveC o con Swift, due linguaggi di programmazione specifici di Apple.

Per realizzare un'app per Android invece è necessario sporcarsi le mani con Java o con C++.

Esistono inoltre altri metodi di realizzazione di applicazioni mobili, quali per esempio i framework per lo sviluppo di applicazioni ibride (tra i più significativi Apache Cordova) ed altre soluzioni più giovani ma particolarmente promettenti (Flutter). Mentre il primo metodo prevede che l'app venga compilata per entrambi i sistemi e basandosi sulla WebView del dispositivo (la tela del browser) per costruire le interfacce a partire da HTML, CSS e Javascript, la soluzione basata su Flutter prevede una compilazione in codice nativo per il sistema, sfruttando meglio le caratteristiche hardware e la GPU del dispositivo.

I vincoli

A prescindere dalla tecnologia utilizzata, la realizzazione e la successiva pubblicazione di un'app per dispositivi mobili su entrambi gli store è soggetta ad alcune condizioni:

  1. L'installazione sullo smartphone è possibile solo attraverso lo store proprietario (AppStore o PlayStore) in virtù del dispositivo in uso. È possibile per Android installare anche app al di fuori dello store, ma è una soluzione che non certifica l'attendibilità delle app, pertanto è considerato tipicamente poco sicuro e da svolgere solo in casi sporadici ed eccezionali.
  2. L'app deve rispettare le regole degli store per essere approvata e pubblicata. Si intendono le H.I.G. (Human Interface Guideline) di Apple e le UX Guideline di Google.
  3. È richiesto un account developer che ha un costo pari a 25 euro (da corrispondere una sola volta) per Android e di 99 euro (con scadenza annuale) per iOS.
  4. Ciascuna app sarà scritta nel suo linguaggio specifico e questo comporta un incremento della complessità di realizzazione e successiva manutenzione.
  5. In caso di vendita di beni o servizi digitali, per entrambi gli store si è vincolati all'uso del loro sistema di pagamento e delle transazioni integrate nell'app che prendono il nome di acquisti-in-app e che prevedono una commissione fissa del 30%. Ciò vuol dire che su una microtransazione da 1 euro, di cui bisogna considerare il 22% di IVA già inclusa, commissione dello store e tassazione media, arriveranno in tasca al venditore circa 0,41 euro.

Alcuni casi importanti in violazione con le regole degli store

Fino a qualche anno fa, alcune aziende hanno provato ad eludere le commissioni di Apple e Google attraverso un'operazione abbastanza interessante: tutte le operazioni venivano svolte all'interno dell'app, in fase di finalizzazione dell'acquisto l'utente veniva dirottato su un sito web dove avrebbe ritrovato il dettaglio del bene digitale acquistato e da cui avrebbe provveduto al perfezionamento del pagamento. 

Ma, come per il gioco "guardie e ladri", gli store hanno modificato e blindato ulteriormente i loro contratti con gli sviluppatori, vincolando all'uso esclusivo dei loro metodi di pagamento (Apple Pay e Google Pay) all'interno delle app.

Il caso Fortnite

Un caso particolarmente interessante, ancora in corso di giudizio, è il ban di Epic Games da entrambi gli store.

L'azienda aveva proposto la doppia modalità di acquisto di beni digitali in app, una attraverso Apple Pay, aumentando del 30% il prezzo dei suoi pacchetti e giustificandolo come "commissioni per l'AppStore", e l'altra modalità, attraverso il loro sito Web offrendo il pacchetto di v-bucks (la moneta virtuale del gioco) a € 9,99.

Apple ha espresso che il comportamento di Epic Games era in completa violazione degli accordi con lo sviluppatore e pertanto, dopo aver intimato di rimuovere l'acquisto extra-app, al quale c'è stato un rifiuto dal venditore, ha provveduto al suo ban. Il processo è ancora in corso ma ritengo sia di particolare interesse seguirlo per comprendere come si potranno evolvere le condizioni contrattuali di entrambi gli store nell'ambito della vendita di beni e servizi digitali.

Il caso Facebook

Anche per Facebook ci sono state delle grane che hanno costretto l'azienda californiana a ripiegare.

Durante il periodo del lockdown, Facebook aveva rilasciato un aggiornamento "in ottica di trasparenza nei confronti degli inserzionisti" nel quale evidenziava che il costo sostenuto dagli inserzionisti per le pubblicità su Facebook attraverso l'acquisto di pacchetti in-app avrebbe avuto un costo proporzionale maggiore poichè nello stesso erano inclusi anche le commissioni per lo store.

Apple ha bocciato l'aggiornamento, non consentendo di informare gli utenti di tale pratica applicata dallo store. L'aggiornamento quindi è stato ritirato e, solo a seguito di modifica dell'app (rimozione della dicitura incirminata) da parte di Facebook, l'aggiornamento è stato accettato.

WordPress.com

Facendo distinzione tra WordPress.org, sito dal quale è possibile scaricare la famosa piattaforma di blogging sviluppata da Matt Mullenweg e manutenuta da una nutrita community di sviluppatori e WordPress.com, sito sul quale Automattic, sempre di proprietà di Matt, vende hosting e servizi a pagamento per WordPress, l'app per la gestione dei contenuti di WordPress era finita sotto i riflettori di Apple.

Il motivo era che attraverso l'app WordPress era possibile fruire anche dei servizi premium, acquistati attraverso il sito web, bypassando completamente il meccanismo di pagamento in app.

Apple aveva quindi bloccato un aggiornamento dell'app in quanto in violazione con principio di "vincolo all'acquisto attraverso il proprio meccanismo di pagamento".

Dopo diversi chiarimenti ed alcune proposte formulate da WordPress verso Apple, in questocaso è stata Apple a ritornare sui suoi passi e consentire l'aggiornamento.


Come si evince dai tre casi appena menzionati, che sicuramente non saranno gli unici, ma forse quelli con una maggior cassa di risonanza, l'adozione di meccanismi di pagamento alternativo in app oltre a quelli espressamente consentiti da Apple e Google, può portare  ad un blocco dell'account sviluppatore o al ban permanente, con significativi danni all'immagine e ai ricavi di un'azienda.

Scelta tra App e PWA

In base a quanto è stato assunto fino ad ora, si potrebbe supporre che la strada in generale più comoda per offrire servizi digitali a pagamento senza essere soggetti alle commissioni del 30% sui propri ricavi è proprio l'adozione di una PWA. Scegliere quando però offrire i prori servizi attraverso un'app o una PWA non è così immediato perchè, come già anticipato, una PWA è in grado di svolgere buona parte delle funzioni di un app, ma non tutte.

Operazioni in background

Le PWA non sono in grado di eseguire operazioni in background. Qualcuno che ha realizzato almeno una PWA già storcerà il naso, asserendo che attraverso i Service Worker (uno dei meccanismi alla base delle PWA), la PWA può svolgerne tranquillamente. Ma non è proprio così. La PWA sarà in grado di svolgere compiti in background, finquando la finestra del browser risulterà aperta. Nel momento in cui installiamo la PWA nel dispositivo e la eseguiamo, stiamo aprendo comunque una finestra del browser. Pertanto le operazioni in background saranno ammesse. Smetteranno di essere svolte nel momento in cui l'applicazione sarà chiusa.

Inoltre nei processi in background, non è possibile accedere alla geolocalizzazione, che dovrà essere fatto attraverso la parte della PWA attiva a schermo.

Quindi se la soluzione da realizzare richiede lo svolgimento di particolari compiti in background, tipo la geolocalizzazione del dispositivo, anche ad app spenta, allora la PWA non fa al caso nostro.

Accesso alla rubrica dei contatti

Le PWA possono accedere allo stato della rete, valutando se il dispositivo è on-line oppure no, può identificare l'orientamento del dispositivo, può fornire informazioni geolocalizzate, controllare l'inclinazione oltre che l'orientamento ma alcune funzionalità non sono disponibili, la più significativa è l'accesso alla rubrica contatti. 

Quindi anche in questo caso se la soluzione dovesse avere come requisito chiave, l'accesso alla rubrica contatti, siamo al punto di partenza, siamo obbligati alla realizzazione di un'app.

WebRTC

WebRTC è una tecnologia che consente, in via semplicistica, di realizzare soluzioni di comunicazione in tempo reale, quali video-chat e comunicazione audio. Mentre su Android tale tecnologia è ampiamente supportata, non si può dire la stessa cosa per iOS. Quindi, se la soluzione deve essere distribuita sia per Android che per iOS, vale ancora lo stesso ragionamento: dobbiamo affidarci ad un'app.

Viconlati dall'utenza

Ci sono infine dei vincoli legati al comportamento degli utenti. Se il target di riferimento della nostra soluzoneè abituata a ricercare "esclusivamente" sugli store la risposta al proprio problema, cercando un'app che soddisfi uno specifico bisogno, allora siamo in qualche modo indirizzati al realizzare un'app. Ma se nè in questa nè in nessuna delle altre criticità ricade la nostra soluzione, allora possiamo tranquillamente realizzare una PWA.

La chiave comunque per scegliere tra l'una e l'altra soluzione è identificare le criticità e valutare le possibili soluzioni e/o le alternative. Spuntando dalla checklist i requisiti soddisfatti da entrambe le possibilità ed evidenziando gli elementi chiave, sarà facile comprendere qual'è la soluzione tecnologica più adatta al nostro progetto.

Vendita di beni attraverso le App

Una particolare precisazione va fatta infine sulla vendita di beni attraverso le app.

Benchè la vendita di beni digitali sia vincolato da una commissione pari al 30%, se invece si è intenzionati alla vendita di beni materiali, la commissione non è applicata. Pertanto un e-commerce di prodotti fisici potrà attuare qualsiasi metodo di pagamento all'interno della propria app, incluso Apple Pay o Google Pay, senza trovare alcuna commissione applicata al proprio compenso.

Previsioni sul futuro

In conclusione, fare pronostici sul futuro è molto difficile. Tuttavia, vedendo il web come una grande scacchiera, dove non esistono solo 16 pezzi per lato, ed analizzando le mosse attuate dai vari player è plausibile che le PWA occuperanno sempre più spazio nel futuro anche in virtù che alcune PWA che prendono il nome di TWA possono essere pubblicate nello store di Google, affiancando le app native. 

Ma, come disse la voce fuori campo, in "Conan il Barbaro" quasi sui titoli di coda: "... questa è un'altra storia!"

 

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